Orgosolo e la sua storia

Il toponimo Orgosolo può essere fatto risalire al termine greco antico “οργάσ-οργέ”, traducibile in “terra fertile” o “terra umida”.
In lingua sarda, e nel dialetto locale in particolare, le voci òrga e orgòsa indicano un sito ricco di sorgenti, proprio come quello di Orgosolo.
La cittadina di Orgosolo, come testimoniano i Dolmen e i Menhir presenti nelle località di “Gorthene”, “Locoe”, “Oleìli”, “Galanoli” e “Sa Lhopasa” è stata abitata fin dal Neolitico.
Il nuraghe “Mereu”, nel cuore del Supramonte e le tante Domus de janas, sono invece importanti tracce d’insediamenti umani presenti in epoca nuragica.

In epoca romana, Orgosolo, occupò un ruolo decisamente marginale ed il suo territorio fu relegato a teatro di guerriglia delle popolazioni locali contro le legioni.
Le prime notizie scritte di Orgosolo risalgono solo alla prima metà del trecento: il toponimo Orgusula (talvolta scritto Orgosuli), risulta, infatti, citato per la prima volta in alcuni documenti del 1342 (appare, più precisamente, nell’elenco delle Rationes decimarum, ossia fra i centri che versavano le decime alla curia romana).

Da quanto riportato su un elenco catalano che indicava le ville sarde direttamente controllate dal comune toscano nei primi decenni del Trecento si evince che Orgosolo in origine rientrava nel Giudicato di Cagliari (e nella Diocesi di Suelli), ed ospitava il “castello di Argullot” (distrutto poi Mariano IV d’Arborea).

Va però sottolineato che quest’ultima informazione trova ben poche conferme e riscontri e, molti storici dubitano fortemente dell’esistenza di un castello medievale in quel di Orgosolo (l’unico maniero di cui si ha certezza è infatti quello che si trovava nella curatoria Pauli-Gerrei, appartenente al Regno di Sardegna.

Orgosolo

I rappresentanti di Orgosolo nel 1388 compaiono fra i firmatari dei trattati di pace fra Eleonora d’Arborea e il re Giovanni I di Aragona, mentre in epoca giudicale il borgo, prima di essere controllato dal Regno di Arborea entra a far parte del Giudicato di Torres (o del Logudoro), nella cosiddetta Curatorìa Dore-Orotelli prima e, più tardi, in quella di Othan-Sarule.
Orgosolo, nel 1420 passò al Regno di Sardegna, e come altri centri finì per essere ceduto a più famiglie nobiliari locali (Alagon, Carroz, Cubello, e Silva).

Nella prima metà del Settecento, ottenne dal marchesato di Orani la cessione perpetua dei terreni appartenuti al villaggio disabitato di Locòe (poco più a nord dell’abitato), ma la sua rilevanza continuò a rimanere marginale, tant’è che i moti antifeudali e lo stesso “Editto delle Chiudende” (siamo ormai a cavallo tra Settecento ed Ottocento), non modificarono minimamente l’organizzazione della società orgolese (ancora basata su un’economia prevalentemente di sussistenza, legata alla pastorizia transumante).

Nel corso del Novecento, Orgosolo, balzò alle cronache essenzialmente per aver dato i natali ad Antonia Mesina (martire, proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II il 4 ottobre 1987) e per la Rivolta di Pratobello.
Le autorità locali, il 27 maggio del 1969, affissero sui muri del paese un avviso in cui si invitano i pastori che operano nella zona di Pratobello di trasferire il bestiame altrove perché, per un paio di mesi, quell’area sarebbe stata utilizzata come poligono di tiro dall’Esercito Italiano. Per tutta risposta, 3.500 cittadini occuparono i campi nella località di Pratobello: la loro resistenza pacifica portò l’Esercito a ritirarsi.

Il territorio di Orgosolo

Territorio di OrgosoloOrgosolo, in provincia di Nuoro, si sviluppa su una superficie di 222,6 km² (comprendente anche la piccola frazione di Galanoli, a sei km dall’abitato principale), ospita poco più di 4.200 abitanti (orgolesi) e confina a nord con il comune di Nuoro, a est coi comuni di Oliena e Dorgali, a sud coi comuni di Villagrande, Urzulei e Talana, ed a ovest con i comuni di Fonni e Mamoiada.
Adagiato nella parte inferiore del monte Lisorgòni (918 metri), digradante verso la vallata di Sant’Eléne, Orgosolo presenta, eccezion fatta per la vallata denominata “Locoe” (che si sviluppa lungo il corso del fiume Cedrino ed è coltivata a vigneti e oliveti) carattere collinare e montuoso: l’altitudine varia dai 350 metri ai 1433 m del Monte Armario. Orgosolo rientra nel Supramonte – complesso montuoso di altopiani carbonatici – e, di conseguenza, nel Parco Nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu.

Il territorio conosciuto come Supramonte di Orgosolo si estende per 3360 ettari e si caratterizza per un paesaggio dominato dal colore bianco delle rocce calcaree, intervallato dal verde del sottobosco e delle foreste di lecci; oltre a abbracciare le formazioni montuose del Monte Novo San Giovanni (noto per le sue guglie alte fino a 70 metri) e del Monte Fumai (1.316 metri), il Supramonte di Orgosolo include:

 

  1. La foresta di Montes: un’area di grande interesse naturalistico gestita dall’Ente foreste della Sardegna e comprendente la a plurisecolare lecceta ad alto fusto di Sas Baddes, considerata tra le più importanti del Mediterraneo; ospita esemplari piuttosto vetusti di specie come il leccio, il tasso, il ginepro e l’agrifoglio, insieme a alberi di fillirea, acero minore e arbusti di corbezzolo. Oltre ad essere l’habitat di cinghiali, ghiri, volpi e mufloni, vi nidificano la pernice, l’aquila reale, il gheppio, l’astore, il colombaccio e lo sparviero.
  2. L’altopiano di Donnianìcoro ed il pianoro di Su Mudrecu (dove ancora oggi, secolari ginepri scheletriti testimoniano l’incendio che distrusse la foresta nel 1931).
    L’altopiano ospita la scenografica dolina di Su Suercone: con un diametro di 400 metri e 1 km e mezzo di circonferenza. Originata dal crollo di una gigantesca cavità carsica, è stata dichiarata monumento naturale.

Orgosolo, interessata da fenomeni carsici testimoniati dalla presenza di numerose grotte, doline e gole (come la grandiosa gola di Gorropu, una profonda depressione – con pareti verticali di 400 metri – creata dal Rio Flumineddu) è decisamente ricca di sorgenti e corsi d’acqua. Oltre al fiume Cedrino si ricordano il Flumineddu, il Rio Olài, il Rio Sorasi e il Rio Ilòle.

Da un punto di vista archeologico, il territorio di Orgosolo, ospita diversi ed interessanti complessi nuragici (tra tutti, meritano menzione il nuraghe “Mereu” e il nuraghe “Presethu Torthu”, di color bianco in quanto costruiti con blocchi di pietra calcarea) e numerose tombe dei giganti.

I murales Orgosolo

Orgosolo è conosciuto, anche a livello internazionale, come “il paese dei murales”.
Dall’elevato valore storico, sociale ed artistico, queste opere pittoriche, adornano e valorizzano i muri delle case e degli edifici pubblici, raccontando sia i principali avvenimenti storici e sociali (italiani ed esteri) che la quotidianità e le problematiche locali. Così, non lontano dal murale che raffigura i pastori impegnati a portare al pascolo i loro greggi, appare il monito che ricorda ai visitatori che “si ama la Sardegna, rispettandone la bellezza e la natura”.

Orgosolo

Il primo murale fu realizzato nel 1969 – in piena contestazione giovanile – da un gruppo di anarchici milanesi, che si firmarono “Dioniso”; a partire dal 1975, le opere aumentarono in maniera esponenziale anche grazie a Francesco del Casino, docente presso le scuole medie del paese, che decise di commemorare il 30° anniversario della Liberazione d’Italia in maniera originale, chiedendo ai suoi studenti di dipingere i muri degli edifici orgolesi.
Molti dei murales di Orgosolo (oggi sono circa 200) presentano l’inconfondibile stile di Del Casino (che trasse ispirazione non solo dagli eventi politici, ma anche dalla vita di tutti i giorni), anche se altri artisti, nel corso degli anni, hanno scelto di esprimere le loro idee colorando grigie pareti di edifici.

Sagre e eventi a Orgosolo

La festa più sentita di Orgosolo è la “Nostra Sennora de Mesaustu“, la Madonna dell’Assunta, che si svolge il 15 agosto.
Nell’omonima chiesa, vengono celebrate le funzioni religiose, scandite due distinte novene.
Il momento più suggestivo della festa è la processione in costume con la statua della Vergine (per l’occasione, traslata dalla sua preziosa urna su un bellissimo baldacchino adornato).
La processione, aperta dai cavalieri, sfila per tutte le vie del paese e, al termine, è seguita dalle scenografica pariglia de Sa Vardia: una spettacolare corsa equestre con cavalieri impegnati in acrobazie ed esibizioni coreografiche.

Un ricco programma di eventi collaterali fa da corollario alla festa e riempie i giorni dal 13 al 23 agosto. Tra le altre ricorrenze religiose, vanno ricordate, oltra alla festa patronale, San Pietro (onorato il 29 giugno con una funzioni religiose e processione), la festa di S. Antonio Abate (“Sant’Antoni ‘e su ohu”), celebrata ogni 17 gennaio, anche qui, con l’accensione dei tradizionali falò, la festa di S. Marco (“Santu Malhu”) , il 25 aprile, caratterizzata dalla tradizione l’offerta a tutti i fedeli del pane e della carne (“Sa Ita”), la festa di Sant’Isidoro (“Santu Sidore”), protettore dei contadini (caratterizzata da una pittoresca processione dei carri a buoi) .

Orgosolo
La prima domenica di giugno, inoltre, si ricordano i SS. Anania ed Egidio (“Santu Nanìu”) martirizzati nel 301 d.C. nelle campagne del paese (proprio dove sorge l’omonima chiesa.
Il 31 dicembre, infine, si rinnova una tradizione antichissima: la festa de Sa Candelarìa.
Al mattino, come consuetudine, i piccoli del paese passano di casa in casa per chiedere «A no’ la dazzes Sa Candelarìa?» (“Ci date la Candelarìa?”), ossia il pane tipico chiamato cocòne, frutta e dolcetti. Una volta ricevuti i doni, i bimbi ringraziano con la formula di rito: «Deus bo’ lu pahede e a atteros medas annos!» (“Dio vi ricompensi e ad altri molti anni”); in serata, la festa coinvolge soprattutto le nuove famiglie: i novelli sposi ricevono gli auguri – spesso intonati a tenore – e in cambio offrono cocòne, dolcetti e liquore all’uovo.

Tra gli eventi più importanti degli ultimi anni va citato “Autunno in Barbagia“, circuito turistico che permette di scoprire l’anima più autentica dei centri barbacini.
Quest’anno si svolgerà il 14 e il 15 ottobre e consentirà a turisti e visitatori di conoscere meglio lo straordinario patrimonio archeologico, i dipinti murali e, soprattutto, grazie all’apertura delle cortes, le tradizioni locali.

Tradizioni e prodotti tipici di Orgosolo

Orgosolo è famosa nel mondo per l’ancora fiorente attività di bachicoltura.
Il baco da seta, in dialetto orgolese chiamato “Su Ermeddu”, viene allevato – soprattutto dalle donne di casa – per poter ricavare la seta necessaria a confezionare “Su Lionzu”, il tradizionale copricapo femminile. Gli orgolesi custodiscono gelosamente il loro costume tradizionale (“Su hustumene”): utilizzato abitualmente fino all’inizio del Novecento, si caratterizza, nonostante la sua austerità, per la ricchezza di ricami.

L’abito tipico femminile è uno dei più belli della tradizione sarda e comprende “Su Lionzu”, un fazzoletto (o benda) in seta gialla che funge da copricapo, il giubbetto (“Su Zippone”), una camicia bianca ricamata, “Su Sahittu” e “Sa Veste”, una serie di tre gonne. Completa la mise “S’Antalena”, un grembiule impreziosito da broccati e ricami di tipo floreale.
Il costume maschile si compone, invece, di “Sa Berritta”, il copricapo, “Su Zippone” (la giacca) in panno rosso e blu con ricami e inserti in broccato, “Sa Hamisa” (camicia con maniche e collo ricamati), “Sa Vraha” (una specie di gonnellino in orbace) “Sos Carzones” (pantaloni in tela) e “Sas Harthas” (una sorta di soprascarpe).

Orgosolo è famosa anche per il canto a tenore (un particolare stile di canto corale sardo), composto da una voce solista (“Sa Vohe”), la contra (“Sa Hontra”), una voce di tipo baritonale, il basso (“Su Bassu”) e la mezza-voce (“Sa Mesu Vohe”).
Famosi già negli anni’60 in tutto il mondo, nel 1969, il Gruppo Rubanu scrisse il celebre canto Pratobello, uno dei primi testi a sfondo politico di questo particolare genere musicale.

La gastronomia di Orgosolo è indissolubilmente legata alle attività agro-pastorali.
Ovini e suini, ancora oggi, vengono allevati nel pieno rispetto della natura e delle stagioni. E sulla tavola, vengono portate solo le migliori carni che rendono speciali i piatti della tradizione.

Tra i salumi si ricorda, oltre al prosciutto locale e all’immancabile salsiccia (anche di cinghiale), “sa purpuzza”, carne di maiale tritata, cotta in padella e condita con aromi. Se il re dei formaggi è il pecorino, fresco o stagionato, non va dimenticato Su Casizzolu, ovvero caciocavallo fresco (spesso abbinato con miele), Sa frue (latte cagliato fresco)e la ricotta (salata e leggermente acida).

Anche ad Orgosolo, si preparano: i tradizionali ravioli barbaricini, sos maccarrones cravaos (fatti a mano schiacciando la pasta su una superficie bucherellata), il su pane frattau, con il pane carasau immerso nell’acqua bollente e disposto in strati conditi, poi, con tanto sugo di pomodoro, pecorino e un uovo in camicia, i sos macarrones de busa, (una sorta di grosso bucatino preparato con un particolare ferro allungato) ed i sos maccarrones furriaos (gnocchetti conditi con una crema a base di pecorino freschissimo e semola).

Tra i piatti di carne, menzion d’onore la merita il porcetto (maialino da latte), cotto allo spiedo. Non mancano poi, preparazioni a base di interiora come la coratella (fegato, cuore e polmoni) e Sa Cordedda (una treccia fatta con le budella dell’agnello o del capretto ben pulite e cotta allo spiedo oppure in tegame con i piselli) Ancora molto diffuso tra i pastori di Orgosolo è su zurrette (sanguinaccio): sangue fresco dell’agnello – o della pecora – cotto all’interno dello stomaco dell’animale stesso e condito con lardo, formaggio, menta, cipolla e pane carasau sbriciolato.

Per quanto riguarda i dolci, anche qui, come nel resto del nuorese, si preparano sa sebada (con formaggio e miele), sas casadinas (ripiene di formaggio fresco o ricotta) e il s’aranzada (un dolce delle grandi occasioni fatto con scorze d’arancio candite, mandorle sgusciate e miele).

A Orgosolo si producono degli ottimi vini sardi come in tutta la Barbagia: si produce una buona varietà di Cannonau, un vino rosso sontuoso e complesso. La produzione rispetta appieno la tradizione: la raccolta dell’uva avviene a mano e, nel giro di qualche ora, in cantina si lavora il mosto artigianalmente e lo si sottopone ad un trattamento dolce, finalizzato all’ottenimento di un prodotto di eccelsa qualità.

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