Cenni storici di Mamoiada

Mamoiada era abitato già intorno al XV secolo a.C.;il territorio di Mamoiada è ricchissimo di nuraghi dalla struttura lineare (“Arràilo”, in zona sa Pruna, “Monte Juradu”, sulla strada per Sarule e“Orgurù”, sulla strada per Fonni, solo per citarne alcuni)  e “Domus de Janas” scavate nel granito (si ricordano: quelle in località “Mazzozzo”, alla periferia del paese e quelle in località “Garaunele”, nei pressi della chiesetta campestre).

Tra il 550 e il 238 a.C. (secoli caratterizzati dall’invasione dei Cartaginesi) la storia locale è stata quella dei “fieri montanari, sempre ribelli alla prepotenza straniera”.
Comunque, anche se può essere considerata altamente improbabile una vera e propria dominazione punica in quest’angolo di Sardegna, in virtù della sua posizione ritenuta altamente strategica (in corrispondenza dell’asse nord-sud dell’isola, proprio lungo la strada conosciuta come Ulbiam-Caralis), Mamoiada fu, invece, a lungo occupata dai militari romani.
A testimonianza di ciò, si ricorda che il toponimo del rione Su ‘astru  ricalca quello che i romani erano soliti dare ai loro presìdi più piccoli (Castrum).
Altra importante traccia dell’occupazione romana è la splendida fonte de Su ‘Antaru Vetzu (nell’omonimo rione).

Roma consolidò la sua presenza – e la sua influenza – non solo dal punto di vista militare, ma anche amministrativamente e nelle attività economiche; anche se, come è facile supporre, la popolazione montana era piuttosto insofferente e poco disposta ad accettare qualsiasi dominazione.

Dopo lo sfaldamento dell’Impero Romano, anche il nuorese conobbe gli attacchi dei Vandali e poi dei Bizantini (sebbene la documentazione in proposito sia al quanto ridotta).
Attorno all’XI secolo il piccolo centro di Mamoiada entrò a far parte del Giudicato di Arborea e ne seguì le sorti, spesso avverse.
Più tardi, passò alla Curatoria della Barbagia di Ollolai e conobbe per secoli un rigido regime feudale.
Anche Mamoiada conobbe la lunga dominazione aragonese (dal 1324 al 1720) e proprio durante il regno di Ferdinando V, fu assegnata – con altri centri del Nuorese – a Pietro Massa di Arborea (che l’unì al Ducato di Mandas, feudo passato poi ai Tellez-Giron).
Va ricordato che anche il villaggio di Mamoiada non scampò alla terribile peste del Trecento e, proprio in quegli anni viene citata per la prima volta in documenti storiografici.

Nel 1820, l’Editto delle Chiudende (emanato da re di Sardegna Vittorio Emanuele I) poneva fine, almeno formalmente, al Feudalesimo introducendo la proprietà privata.
Se il provvedimento avrebbe dovuto portare all’assegnazione delle terre alla popolazione locale, di fatto, per una serie di motivi queste passero per buona parte alla nobiltà locale.

Nel 1847, all’alba dell’ Unità d’Italia, anche Mamoiada si adeguò – non senza difficoltà – alla nuova situazione politica e sociale.
Oggi, il tranquillo centro barbaricino è famoso, non solo in Italia, per i suoi scenografici riti carnevaleschi e….per l’ottimo vino.

Mamoiada

Territorio di Mamoiada

Mamoiada, in provincia di Nuoro (da cui dista poco più di 15 km), si sviluppa su una superficie di 48,83 km ed ospita poco più di 2.500 abitanti (mamoiadini).
Il borgo, situato nella parte più interna della Barbagia di Ollolai, a nord della catena montuosa del Gennargentu, confina con gli abitati di Fonni, Gavoi, Nuoro , Ollolai, Orani, Orgosolo e Sarule.

Il comune ha un’altitudine compresa fra i 390 m e i 1.048 m sul livello del mare, ma il centro si sviluppa lungo un leggero declivio (che ha le sue punte estreme a Sa hosta e a Maramele), su un territorio in buona parte fertile e solcato da numerosi corsi d’acqua. Se, però, zone come “San Cosimo”, “Marghine” e l’altopiano di “Lidana” sono più adatte alle attività agricole e pastorizie, non bisogna dimenticare che non mancano, fuori dal nucleo centrale, frazioni accidentate e caratterizzate da notevoli dislivelli e formazioni granitiche.

Piazza Santa Rughe, considerata il cuore del paese, è tagliato in due dalle arterie principali: Corso Vittorio Emanuele III e via Mannu.
Circondata da una natura ancora in buona parte selvaggia ed incontaminata, Mamoiada, vanta un notevole patrimonio archeologico: diversi nuraghi si possono notare in zona “Sa Pruna”, sulla strada per Orani, lungo la strada per Sarule e sulla strada per Fonni. Tante anche le “Domus de Janas” (particolarmente interessanti sono le “Sas Honchèddas de Istevène”, gruppo di 6 “domos”, sulla strada statale Mamoiada-Fonni).

Infine, in periferia, in località “Boeli, è stata portata alla luce, nel 1996, una grande statua “Menhir”, di granito risalente, forse, al III millennio a.C. denominata “Sa perda Pintà” (o Stele di Boeli). L’imponente monolite misura m.2.67×2,10×0,57 ed è unico in Sardegna in quanto presenta una serie di coppelle e di incisioni concentriche.

Sagre ed eventi a Mamoiada

Feste religiose e sagre, da sempre, scandiscono la quotidianità di Mamoiada. Una delle feste più sentite è quella di Sant’Antoni (Sant’Antonio Abate) celebrata il 16-17 Gennaio con i tradizionali fuochi votivi, accesi con le radici degli alberi abbattuti in precedenza. Vuole essere una festa propiziatoria e coinvolge tutti gli abitanti dei diversi rioni. Il falò viene acceso fuori dalla parrocchiale già nel pomeriggio del 16 gennaio; dopo la benedizione, i fedeli ed il parroco compiono tre giri intorno al fuoco recitando il Credo. Per tradizione, poi, ogni rione prende un tizzone dal grande falò benedetto e lo utilizza per accendere un nuovo fuoco (che riunirà, in un conviviale clima di festa,  non solo gli abitanti del quartiere, ma anche eventuali visitatori).

Mamoiada, tradizioni e cultura popolare

La festa di Sant’Antonio è considerata un’anticipazione di Carnevale: è in quest’occasione, infatti, che escono Mamuthones e Issohadores, le tipiche maschere della tradizione.
Salvatore Cambosu, nel 1954, nella sua opera più importante (“Miele amaro“) spiegava: “Se vuoi un Carnevale che non c’è ne un altro su tutta la terra,  vattene a Mamoiada che lo inaugura il giorno di Sant’Antonio: vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori: un Carnevale triste, un Carnevale delle ceneri, storia nostra d’ogni giorno, gioia condita con un po’ di fiele e aceto, miele amaro”.
Il carnevale mamoiadino – dalle origini ancestrali – è, infatti, una delle feste popolari più antiche della Sardegna.
Può essere considerato un “carnevale povero” (nel senso che non prevede carri allegorici sofisticati o moderni mascheramenti), ma è sicuramente uno degli eventi più autentici.

Per l’occasione, gli abitanti scendono in piazza, con il tipico costume tradizionale, e si dilettano con il balli “passu torrau” e “su sartiu”, al suono dell’organetto.
I veri protagonisti della festa, però, sono i Mamuthones (con una maschera di legno nera, si muovono lenti, sotto il peso dei campanacci) e gli Issohadores (indossano una maschera bianca ed un corpetto rosso, sono armati di laccio che, di tanto in tanto, utilizzano per catturare per pochi secondi giovani donne o amici).
I 12 Mamuthones sfilano disposti su due file parallele, mentre gli 8 Issohadores si sistemano in posizione di avanguardia, retroguardia e sui fianchi esterni delle due file.
Altra maschera tipica è lo Juvanne Martis Sero, un fantoccio che viene posizionato dentro un piccolo carretto decorato con frasche verdi e trainato da un mulo.

Suggestivi, sono anche i riti della Hida Santa (Settimana Santa), che si aprono la domenica delle Palme, con la tradizionale processione con gli ulivi e raggiungono il loro culmine il giovedì santo, con la lavanda dei piedi e la processione che attraversa il paese.
Il Venerdì Santo, si svolge la toccante rappresentazione della deposizione del Cristo dalla croce (S’iscravamentu) e la processione verso la Chiesa di Santa Croce, con la statua del Cristo.

 

La Domenica di Pasqua, intorno alle undici, le campane suonano a festa ed annunciano la resurrezione di Cristo. Questo è il momento in cui, in Piazza Santa Croce, si celebra S’incontru, l’incontro tra Gesù risorto e la Madonna.
In settembre, da tradizione, si festeggiano i SS. Cosma e Damiano (protettori dei medici): alle funzioni religiose e alle novene, si alternano, canti e balli della tradizione.
A novembre, infine, Mamoiada, è protagonista per alcuni giorni della rassegna Autunno in Barbagia.
Per l’occasione, vengono aperte le cortes ed organizzate esposizioni e mostre.

 

Tradizioni e prodotti tipici di Mamoiada

L’artigianato locale è specializzato nella produzione delle autentiche “viseras” (maschere) di Mamuthones; nelle botteghe dei maestri artigiani si possono anche acquistare le miniature e le riproduzioni complete di Mamuthones e Issohadores, nonché ciondoli e collane con simboli arcaici di buon auspicio.

Anche a Mamoiada, come in altri centri barbaricini si lavorano il legno ed il ferro e si realizzano, e si restaurano, mobili antichi e preziose cassapanche tradizionali (rifinite con cura quasi maniacale).
Mamoiada, come molti altri centri sardi, ha il suo costume tipico (fino al secolo scorso indossato quotidianamente) e tutte le famiglie lo conservano con orgogliosa gelosia.
Il costume maschile risulta composto da: copricapo di panno nero (sa berritta), camicia di tela bianca (sa hammisa), corpetto in panno rosso (su curittu), giacca in pelle d’agnello (sas peddes) e larghi pantaloni bianchi in tela grossa (sos carzones biancos).

Il costume femminile prevede un copricapo (su muncadore) in tessuto marrone, una camicia di tela bianca, (sa hammisa), un corpetto di panno (su zippone), gonna in panno  (sa vardetta), sottogonna in tela chiara (su suttanu) e l’immancabile grembiule (sa hinta).

La gastronomia locale, basata su ingredienti semplici, è fortemente legata alle pratiche agricole e pastorizie; tra le eccellenze vi sono i prosciutti di maiale e cinghiale e le salsicce (spesso serviti come antipasti).
Un primo piatto molto diffuso sono i sos malloreddos (gnocchetti di semola conditi con sugo e salsicce o con carne di cinghiale), seguiti dagli Sos Culurgiones (fagottini ripieni di ricotta o formaggio, unito a verdure) e dagli maccarrones de busa, grossi spaghetti preparati a mano con l’ausilio di appositi ferretti.

Anche qui è molto diffuso il nutriente pane frattau: il tipico pane carasau casereccio bagnato con brodo bollente e disposto in strati conditi, poi, con tanto sugo di pomodoro, pecorino e – talvolta – un uovo in camicia.
Fra i secondi piatti, spiccano gli arrosti di maiale, di pecora e di agnello e l’immancabile porcetto (maialino da latte), cotto allo spiedo. Dal gusto particolare sono sicuramente il sofisticato su Sambeneddu, il sanguinaccio di pecora e Sa Corda (la treccia), altro piatto dal sapore intenso che ha come ingredienti principali interiora di pecora o di agnello.

I formaggi locali sono saporiti e in buona parte preparati, ancora oggi. con latte intero crudo di sola pecora. Oltre al Pecorino Sardo DOC e al Fiore Sardo DOP, trova ampia diffusione anche il Casu marzu (formaggio marcio): formaggio caprino colonizzato dalle larve della mosca del formaggio che per tale motivo è conosciuta come mosca casearia (Piophila casei).

Tanti anche i dolci della tradizione: per la festa di Sant’Antonio e per il carnevale vengono preparati diversi tipi di “papassinos”, tra cui il supapassinu nigheddu, a base di mosto cotto d’uva, noci, nocciole, uva sultanina e scorza d’arancia fresca. Molto diffusi, anche qui: i sa sebada (con formaggio e miele), le sas casadinas (ripiene di formaggio fresco o ricotta) e il s’aranzada (un dolce delle grandi occasioni preparato con miele, scorze d’arancio candite, e mandorle sgusciate).

Tra i vini, menzione d’onore la merita il Cannonau di Mamoiada, rosso caratterizzato da un deciso profumo di spezie e frutta matura, perfetto con piatti di cacciagione, carni rosse e formaggi stagionati.

Un suggerimento per approfondire ulteriormente è questa bella pagina –>https://www.iviaggidipolly.org/cosa-vedere-a-mamoiada-tra-tradizione-e-mistero/

 

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