Su Fogadoni de Santu Srebestianu è una festa dalle origini antichissime, riscoperta quasi casualmente per caso nel 1997, grazie al Gruppo di Cultura Popolare ed agli anziani del paese che, ritornarono con la memoria a quando alla vigilia di San Sebastiano, il 20 gennaio, nello spazio antistante la chiesetta di via Zuddas si accendeva, Su Fogadoni – il tradizionale falò, benedetto dal parroco – e cono semplicità si celebrava la ricorrenza tra vino, fave lesse, balli e gli immancabili salti per cercare di toccare, o perlomeno sfiorare, qualche tronco ardente che usciva all’improvviso dalla catasta di legna.
Poi, l’indomani all’alba, per consuetudine si raccoglievano le braci ancora ardenti e le si riponevano nel braciere domestico in quanto i resti del fuoco benedetto venivano considerati di buon auspicio per l’anno da poco cominciato. Il Santo, legato con dei rami di mandarini, veniva anche portato in processione e, i ragazzi, facevano di tutto per raccogliere eventuali frutti.
Oggi, le celebrazioni si aprono con la messa in onore di San Sebastiano celebrata nella parrocchia di San Ambrogio e la processione con il simulacro del Santo verso i ruderi della chiesetta di via Zuddas. L’accessione e la benedizione di Su Fogadoni, invece, avviene qualche giorno più tardi.
Ovviamente, c’è anche un lato più “profano” della festa, con canti, balli, iniziative ed intrattenimento per i più piccoli ed eventi d’interesse generale.
In agosto, come molti altri comuni italiani, anche Monserrato festeggia San Lorenzo (10 agosto).
Alle celebrazioni religiose, presenziate dal vescovo di Cagliari, si affiancano d’abitudine i festeggiamenti “civili”, con diversi appuntamenti dedicati ai più giovani (come la Festa dei ragazzi organizzata proprio alla chiesa campestre di San Lorenzo).
In epoca pre – Covid, il simulacro del Santo veniva tradizionalmente posto sul cocchio decorato in oro zecchino e trainato da un giogo di buoi infiorati (come “imposto” dalla consuetudine campidanese) ed attraversa le vie principali di Monserrato. Il corteo parte dalla chiesa di San Valeriano ed arriva alla chiesetta campestre che dista dal centro abitato circa 6 km.
Il cocchio è preceduto da traccas, ossia i cavalieri, e da diversi gruppi folkloristici con antichi stendardi e crocifissi. le launeddas (uno strumento musicale a fiato dotato di canne forate di diversa lunghezza, utili a produrre più suoni. Sulla cima delle launeddas è posizionata la cabitzina, ovvero l’ancia; la canna più lunga produce i suoni bassi, la più corta quelli acuti), invece, s’alternano alle bande musicali, accompagnando gli antichi canti religiosi in dialetto campidanese, denominati ”is goccius “. La festa, quindi, si trasferisce in campagna, dopo, nei pressi della chiesetta di San Lorenzo, si costruiscono con delle frasche tappezzate di “fanugas” (una sorta di coperta) ”barracas ”. Poi, tutti insieme, si cucina, si mangia e i “cantadoris” improvvisano “Su mutettu” (i tipici componimenti poetici)
Il simulacro, poi, viene riaccompagnato, sempre in processione, sino alla chiesa di S. Ambrogio, dove il giorno seguente verranno celebrate le funzioni eucaristiche. Quindi, la sera, in forma privata, ritorna alla chiesa di San Valeriano.
L’edizione 2021, per via dell’emergenza sanitaria, si è svolta un po’ in sordina.
Sebbene il patrono di Monserrato sia Sant’Ambrogio, l’8 settembre la cittadina celebra la ricorrenza dedicata alla Natività della Madonna.
La statua viene portata in processione ricoperta di gioielli ed ex voto donati dai monserratini per le vie del paese ricoperte, per l’occasioni, da petali di fiori.
Fulcro della festa religiosa e civile è la Chiesa di Piazza Maria Vergine.
Monserrato ha un’antica e consolidata tradizione vitivinicola. Dunque, non poteva mancare una festa dedicata alla vendemmia. Generalmente si svolge l’ultima settimana di settembre, a chiusura delle manifestazioni dell’ Estate Monserratina. In tempi pre-Covid, era l’occasione per vivere in prima persona la vendemmia e goderne appieno il suo spirito ed i suoi sapori. Infatti, questa festa – che non si limita a cortei con carri, figuranti in abiti contadini e gruppi folk – vuole raccontare le fasi di quello che è un vero proprio rito, dall’acino al bicchiere. I momenti clou erano la gara di pigiatura per i più piccoli e la preparazione della sapa, una sorta di sciroppo concentrato d’uva che si ottiene dal mosto appena pronto, di uva bianca o rossa.