Selargius ospita diverse ed interessanti architetture religiose e civili.
Fuori dal centro storico, a due passi dal confine con Monserrato, si trova la chiesetta di San Lussorio, piccolo gioiello dell’architettura romanica risalente al Duecento.
Al suo interno ospita un pregevole sarcofago d’epoca romana.
Capitelli e colonne romane sono custodite anche nella chiesa di San Giuliano, costruita in stile romanico tra il XII e il XIII secolo.
Situata in uno scorcio particolarmente suggestivo di Selargius, vanta una facciata preceduta da un portico e la navata centrale con copertura lignea.
Poco distante, invece, nell’omonima – e centralissima – piazza, sorge la chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta (patrona della città) risalente al XVI secolo.
L’esterno, di gusto neoclassico, si presenta culminante in un timpano e con il portale incorniciato da due coppie di colonne.
Attualmente è frutto di una serie di restauri ed ampliamenti operati nei secoli.
L’impianto originario, in stile gotico catalano, comunque risale al XV secolo.
L’interno, invece, ha navata unica e una pianta a croce latina, con tanto di transetto e abside semicircolare.
Le pareti vantano una decorazione pittorica risalente al 1927. All’incrocio della navata col transetto si può notare la cupola arricchita da dipinti raffiguranti i quattro evangelisti.
Lateralmente, ci sono sei cappelle. Tra queste, merita menzione la seconda a destra – dedicata alla Madonna d’Itria – e la terza a sinistra – intitolata alla Madonna del Rosario -; entrambe di origini seicentesche sono legate alla storia delle due confraternite che hanno oggi sede, rispettivamente, presso le chiese di Sant’Antonio e di San Giuliano.
Particolarmente pregevole è la Grande pala d’altare (retablo) della Madonna del Rosario, dove gli scomparti dipinti illustrano i Misteri dolorosi e di Misteri gloriosi.
Nella nicchia centrale, invece, si può notare il gruppo scultoreo ligneo raffigurante la Vergine nell’atto di donare il rosario a san Domenico.
In stile barocco, infine, si presentano l’altare maggiore, il pulpito e il fonte battesimale, realizzati in marmi policromi nel XVIII secolo.
La chiesa, sormontata da un alto campanile, è nota per far da cornice celebrazione annuale del tradizionale Matrimonio Selargino, la seconda domenica di settembre.
Poco lontano, c’è la piccola chiesa del 1950 dedicata a Sant’Antonio Abate (sant’Antonio de su fogu / del fuoco),.
Di gusto neogotico fu edificata sui resti di una chiesa seicentesca ormai perduta. Il campanile a vela si staglia accanto alla facciata a cuspide ornata con un rosone centrale traforato. All’interno della lunetta, sopra il portale, si trova un dipinto con l’immagine a mezzo busto del santo.
All’interno l’unica navata con arcate a sesto acuto e abside semicircolare ha due cappelle laterali con volta a crociera cordonata e gemma centrale.
Nell’altare principale, infine, si può ammirare un simulacro del santo attribuibile al XVIII secolo e, in una delle cappelle, la statua della Madonna del Carmelo.
Per diversi anni conservate alcune parti di un retablo probabilmente proveniente dalla Parrocchiale, dove oggi è custodita l’unica tavola rimasta di quest’opera.
L’edificio, è sede della Confraternita della Madonna d’Itria e ogni anno ospita la festa in onore del santo protettore dei malati e degli animali.
In occasione di questa ricorrenza la chiesa viene addobbata con arance amare e, la sera tra il 16 e il 17 gennaio, al tramonto, una catasta di legna benedetta viene bruciata segnando, tra l’inizio ufficiale del Carnevale.
All’incrocio tra le strade provenienti da Quartu e da Monserrato, a due passi dal municipio, si trova Sa Cruxi ‘e Marmuri, croce giurisdizionale gotico-catalana risalente al XV secolo.
La colonna è sormontata da un capitello gotico, mentre i tre punti culminali della croce- con facciate scolpite raffiguranti il Cristo crocifisso ed un non meglio identificato santo – sono a forma trifogliata (trilobata a giglio). In passata, in passato, era il luogo delle esecuzioni capitali.
Poco lontano, in quella che è in passato era l’antica via Dritta e che oggi è via Roma, sorge il cosiddetto Carcere Aragonese, già residenza dei Marchesi di Quirra, a lungo feudatari della zona. Secondo alcune fonti, nel corso della prima metà del XIV secolo, in questa zona, per volontà del sovrano arborense Mariano IV venne edificata una piccola fortezza.
In età feudale, poi, ospitò il Carcere e del Tribunale della Baronia di San Michele e della Giudicatura Mandamentale.
Venne poi trasformata in Caserma dei Cavalleggeri di Sardegna e dei Reali Carabinieri (1864) e, nel 1957, in seguito al loro trasferimento venne ribattezzata Caserma Beccia.
Lungo via Roma e via Dante la struttura presenta muri bastionati a protezione del torrente che un tempo scorreva nelle sue vicinanze.
L’ingresso al fabbricato si apre su via Dante attraverso un portale caratterizzato da un arco a tutto sesto e da una modanatura in malta di calce.
All’interno un piccolo cortile, invece, immette in un edificio con pianta a L che constava di sette stanze al piano terra e quattro al primo, dove sono ancora riconoscibili le finestre a bocca di lupo. A piano terra un piccolo portico presenta decorazioni con fregi ornamentali che ricordano la tipologia della casa aragonese.
Restaurato di recente è attualmente adibito a struttura museale.
Sempre in via Roma, al civico 63 sorge uno degli edifici più rappresentativi per la storia di Selargius: l’ex casa del Canonico Felice Putzu.
Tipica casa campidanese costruita in làdiris (mattoni crudi), vi si può accedere da un ampio portale con arco a tutto sesto, doppio battente e battiporta a forma di testa di leone che tiene tra le fauci l’anello metallico.
La corte interna, dotata di pozzo, è impreziosita da diverse piante ornamentali.
Come da tradizione, anche le sue stanze si aprono su un loggiato (sa lolla) che la protegge dal calore estivo.
In questa casa sa lolla si sviluppa su due livelli separati da tre gradini: quello più alto con il tetto sorretto da pilastri di legno, l’altro poggiante su ampie arcate in muratura. Da qui si accede a quello che un tempo fungeva da magazzino, ma che oggi custodisce un’interessante collezione di dipinti. La stanza presenta travi di ginepro originali ed ancora ben conservate.
Al primo piano, infine troviamo le stanze padronali con i soffitti affrescati in stile liberty.
Oggi di proprietà del comune, ospita nella seconda domenica di settembre, “su cumbidu”, il banchetto nuziale dello sposalizio selargino.
Attualmente, ospita il Museo Semù, sede della mostra permanente sui reperti rinvenuti nel sito archeologico eneolitico di Su Coddu-Canelles.
I reperti ritrovati a Selargius, all’interno delle capanne durante gli scavi archeologici nel villaggio, ricordiamo, sono stati attribuiti alla cultura di Ozieri (che prende il nome dai primi ritrovamenti avvenuti nella grotta di San Michele di Ozieri) datata prima metà del IV millennio a.C. e alla successiva cultura sub-Ozieri (termine coniato dal professor Giovanni Ugas negli anni ’80 durante la presentazione dei primi risultati degli scavi) datata seconda metà del IV millennio a.C.
Lasciando il centro abitato di Selargius, infine, dopo alcuni chilometri di strada sterrata in direzione Sestu, si arriva alla località rurale di Santa Rosa.
Uno dei terreni della zona ospita un piccolo parco di ulivi, un’area di scavi archeologici e una chiesetta costruita in epoca recente.